Madonna della Misericordia di Monteleone di Fermo. Un piccolo giudizio universale marchigiano.
Madonna della Misericordia di Monteleone di Fermo. Un piccolo giudizio universale marchigiano.
Piccola e isolata, questa chiesa si incontra lungo la strada che conduce alle porte di Monteleone di Fermo e custodisce una tale ricchezza di affreschi da renderla tra le più interessanti e particolari delle Marche per i lunghi e spettacolari racconti che narra.
E’ dedicata a santa Maria della Misericordia, nome dovuto all’affresco sull’unico altare che ritrae la Madonna tra i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria, invocata durante le drammatiche epidemie di peste che colpirono le Marche tra la fine del ‘300 e il primo ‘400 decimando la popolazione.
All’epoca fu eretta una semplice edicola votiva attorno alla quale fu costruita, poco più tardi, una piccola chiesa seguendo i consigli di una particolare tradizione: «Marinai provenienti da Oriente» raccontano che «se in una città, o terra o castello si edifica in un solo giorno in onore della Beata Vergine Maria della Misericordia una chiesa lunga e larga tre passi, in quella terra il contagio cessa».
L’affresco venerato è circoscritto da una lunetta e raffigura la Vergine avvolta in un ampio mantello bianco che copre un gruppo di donne a sinistra, e un gruppo di uomini incappucciati vestiti di bianco a destra, segno di una confraternita locale già ben strutturata. Questi elementi fanno datare l’opera tra la fine del Trecento e i primi anni del Quattrocento per mano di un pittore ignoto che le analisi stilistiche hanno rintracciato in numerosi altri santuari del territorio fermano.
Attorno a questa edicola fu costruito un primo santuario a pianta centrale con absidi ai lati, mentre le paraste esterne decorate con archetti in cotto che richiamano al romanico, risalgono al Quattrocento.
Nella prima metà del Cinquecento la chiesa fu notevolmente ampliata tanto che dall’esterno è ancora visibile la giuntura del nuovo edifico al vecchio a cui fu aggiunta una navata. Sulla fascia superiore di un affresco una scritta documenta sia l’ampliamento che il nome del committente: “HOC OPUS FECIT MACTEUS ACIENSII P(RO) SUA DEVOTIONE 1536”.
Chi sia questo Matteo Ascenzi non è ancora chiaro, sappiamo solo che fu il ricco mecenate il cui nome ricorre più volte negli affreschi della chiesa assieme a quello, meno frequente, di un certo Simone. Ascenzi ha praticamente commissionato un rimodernamento dell’antica edicola seguendo un gusto rinascimentale e richiedendo nuovi dipinti come l’Annunciazione visibile nei pennacchi sopra la lunetta che incorniciano la Madonna, le ghirlande di fiori e frutti, i finti marmi, e poi un’aggiunta anche nella fascia inferiore dell’affresco dove è dipinta una bella veduta del castello di Monteleone dell’epoca, la più antica di cui si ha notizia.
Nella parete di destra c’è l’altare dedicato a san Rocco scolpito in legno e vestito da pellegrino, anche lui invocato come protettore contro la peste. La statua è posizionata al centro di un affresco che presenta il santo dentro un grande baldacchino provvisto di tende rosse sorrette da due angeli che con il loro movimento lasciano scoperta una targa con il nome di Matteo Ascenzi. Ai lati di san Rocco sono raffigurati sant’Antonio Abate, insolitamente ritratto come vescovo, e il beato abate Adamo da Fermo.
Secondo gli studi di Giulia Spina, che ha capillarmente analizzato i dipinti, Matteo Ascenzi si è rivolto sempre alla stessa bottega identificabile con quella di Vincenzo Pagani che, in questi affreschi, ha impiegato i suoi collaboratori pur impostando egli stesso gli schemi compositivi.
La parete di destra presenta immagini di santi invocati a protezione della peste collocati all’interno di un lungo loggiato di pilastri il cui percorso viene moncato dall’apertura di una grossa porta del Settecento. Tra i santi del registro superiore, da destra a sinistra, troviamo: san Giobbe, san Vito e San Crisostomo, nel registro inferiore, sempre da destra a sinistra, san Bartolomeo, san Gregorio Papa, san Giovanni Evangelista e santa Vittoria.
Nella parete d’ingresso, dall’alto a destra, troviamo sant’Elisabetta e sant’Elena, san Martino di Tours e san Marone patrono di Monteleone. Al di sopra, il Dio benedicente tra sant’Agata e santa Lucia. Nella stessa parte è ritratto anche san Michele, parzialmente mancante dall’apertura di una finestra, che tiene una bilancia in mano. Simmetrico al san Michele una Madonna del latte tra i santi Anna e Giuseppe e una santa martire non identificata.
La parete di sinistra è quella che presenta gli affreschi che destano più stupore grazie alla ricchezza di particolari e personaggi che compongono questo grande Giudizio Universale realizzato da Orfeo Presutti il cui nome, IORPHEO∙PR, è scritto sulla nuvola. L’estensione, i particolari, i tanti personaggi e la complessiva impostazione con finalità didattica, fanno passare in secondo piano il fatto che non si è dinanzi ad un capolavoro assoluto, ma all’opera di un buon artista come fu Orfeo Presutti da Fano che pur provenendo da una nota famiglia di artisti, di cui il massimo esponente fu Giuliano, era iscritto nei registri della Santa Unione di Fano come sarto, attività che evidentemente era meno remunerativa della pittura.
Il grande affresco è stato realizzato nel 1548 ed è delimitato da una ghirlanda. È diviso in due registri, quello superiore, del cielo, del mondo divino, e quello della terra fino agli inferi di Lucifero dove vengono condannati i peccatori. Al centro del registro divino c’è il Cristo Giudice attorniato da angeli che suonano mentre ai suoi piedi ci sono altre creature celesti intente a mostrare ai fedeli la croce e la colonna della flagellazione. Il Cristo ha alle spalle un fascio di luce a forma di mandorla che lo circonda.
Alla destra di Gesù troviamo la Madonna, gli Apostoli e gli Evangelisti, i Martiri, le Vergini, i Prudenti e le Vedove. Alla sinistra la schiera di Apostoli e Patriarchi, i Pontefici e i Cardinali fino ai Confessori che chiudono il gruppo. Nel blocco di Pontefici e Cardinali si è scorta la figura di papa Paolo II con la lunga barba bianca che richiama il famoso ritratto compiuto da Tiziano. L’uomo vestito di rosso che compare alle spalle del gruppo dei Confessori, si tramanda sia Matteo Ascenzi, ma non vi sono certezze sull’identità e tantomeno sulla commissione del Giudizio Universale.
Nella fascia inferiore, partendo da destra, si trova il paradiso terreste con due uomini inginocchiati a pregare identificabili con i profeti Enoch ed Elia che secondo le sacre scritture furono condotti da Dio nel paradiso. L’angelo che domina la scena è san Michele Arcangelo che ha alla sua destra le anime nude dei morti in attesa del giudizio, mentre con il piede sinistro schiaccia i peccatori che poi vengono portati a spalla dai demoni al di là del fiume infernale. Dall’altra parte del canale, in cui è raffigurata anche una banca, i condannati agli inferi cercano inutilmente di scappare dai demoni che li richiudono in anguste grotte dove ognuno paga, secondo la logica del contrappasso, il peccato di cui si è macchiato in vita con la dicitura della colpa scritta sotto ogni spelonca per rimarcare, in tono fortemente didattico, la punizione contro chi non ha rispettato i dieci comandamenti e si è abbandonato ai sette vizi capitali.
A chiudere il diabolico racconto c’è proprio la grotta di Lucifero, mostruoso ed enorme, che azzanna i peccatori. Il ritratto del diavolo è molto rovinato da tanti colpi di scalpello forse inflitti dagli stessi fedeli che osservavano la scena apocalittica e si scagliavano contro il signore del male quasi ad allontanarlo dalla loro vita.
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Bibliografia
G. Spina, Da edicola a santuario. Percorsi d’arte nella chiesa della Madonna della Misericordia a Monteleone di Fermo, Comune di Monteleone di Fermo, 2020.
L. Serra, Itinerario artistico nelle Marche, Roma, 1921.
B. Cleri, Officina fanese. Aspetti della pittura marchigiana del Cinquecento, Cinisello Balsamo, 1994.
C. Cipolletti, Guida storico artistica della provincia di Fermo, Fermo, 2018.
A. di Nicolò, Cronaca della città di Fermo, edizione critica e annotazioni di G. De Minicis, introduzione e traduzione P. Petruzzi, Andrea Livi editore, Fermo, 2008.
C. Verducci, Monteleone di Fermo. La storia nelle vicende di un piccolo comune, Fermo 2012.